IL MERCOLEDì DEL SALVAGENTE

Il mercoledì del salvagente

Convinzioni Disfunzionali nella Dipendenza Affettiva

 

Nel precedente articolo abbiamo discusso le modalità per individuare e depotenziare le convinzioni irrazionali, prendendo in considerazione gli effetti degli eventi opprimenti sulla qualità della vita.

Molte di queste convinzioni si formano in tenera età, quando l’ambiente circostanze fa pressione e ci spinge al ritiro.

Chi vive nel circolo vizioso della dipendenza affettiva manifesta spesso una profonda insicurezza di fondo o soffre molto perché sente di non contare, di non essere importate per nessuno.

Oggi renderemo in esame una convinzione importante:

“Io non sono importante”

Nelle storie dei pazienti che ho avuto l’onore di accompagnare in terapia emerge chiaramente questa convinzione irrazionale che si declina in varie modalità.

Teoria: Se le nostre esigenze, i nostri desideri, sentimenti, bisogni non vengono presi sul serio, o nel peggiore dei casi vengono sminuiti e derisi oppure trattati con superficialità o con aggressività, allora può formarsi la sensazione che gli altri siano più importanti di noi e che non valiamo niente.

Fine della teoria per oggi.

Come ogni essere umano, anche il dipendente affettivo desidera essere amato.

Tuttavia, avverte una fame spasmodica di riconoscimento, di affetto e di sostengo.  Per questo motivo, vengono costantemente richiesti dall’adulto “ a titolo di risarcimento” , secondo due modalità principali.

Come ogni un vaso bucato, che non si riempie mai, la persona chiede amore con modalità passivo – aggressiva oppure in forma apertamente aggressiva, con voracità enorme e incontrollabile.

Due facce della stessa medaglia: Il NON dare valore a sé.

Nella prima modalità si riscontrano le persone che reputano l’altro come più importante di sè e in forma confluente, prima pensano a soddisfare i bisogni altrui poi rimandano (all’infinito) il prendersi cura di loro stessi. In maniera molto sintetica, la responsabilità della proprio benessere viene attribuita all’altro in base alla convinzione di base: “Mi amerai perché  prima io ti do, poi tu mi dai altrettanto!”.

Il vaso bucato rende impossibile una reciprocità ed uno scambio equo. In molti casi, si genera un forte risentimento perché non si sentono ripagati a dovere. Quindi inizia un gioco di scontri passivo-aggressivi: arrivano tardi, fingono malori, dimenticano di fare le cose o iniziano a rinfacciare agli altri i propri comportamenti altruistici.

Alla secondo modalità, fanno parte quelle persone che reagiscono al senso di mancanza e vuoto mostrando un atteggiamento molto aggressivo che si fonda sulla convinzione “ Poiché sono la persona più importante del mondo, allora tutti devono seguire quello che dico e faccio” (come abbiamo visto nel video pubblicato Lunedì sulla pagina Facebook ( la puoi trovare qui ). Quando, per esempio, il partner non dedica loro tempo, impegno o devono aspettare, avvertono un senso di offesa che si trasforma spesso in reazioni aggressive violente con conseguenze spesso molto gravi.

Il timore non riconosciuto

I litigi di molte coppie (anche di medio alto funzionamento) si basano spesso su dei falsi motivi: apparentemente la causa è la disattenzione del partner, dato di fatto oggettivo, ma in realtà chi recrimina cavalca in modo risentito il proprio timore di non essere abbastanza per l’altro, la propria carenza di autostima, e senza assumersi la responsabilità del proprio vissuto investe l’altro aggredendolo.

Esempio: Lui si arrabbia con la propria partner perché lei ritarda ad arrivare prima di un evento tanto atteso a causa di impegni lavorativi. I due litigano sulla causa oggettiva, il ritardo. Lui si offende anche per altro perché ha condiviso l’attenzione e il tempo altrove. Lui si irrita, lei non capisce il problema, si sente aggredita e il litigio degenera sui ritardi di lui e di lei, in un clima di scambio reciproco di accuse.

Nell’esempio descritto la propria responsabilità è indirizzata verso l’esterno, generando senso di colpa, rabbia e frustrazioni.

Il comportamento e la comunicazione assumono dei connotati disfunzionali e controproducenti perché indirizzati a scacciare l’altro da sé.

La stessa persona dalla quale si desiderano gli apprezzamenti, le rassicurazioni e che finisce per perdere importanza ai loro occhi.

E fu così che la convinzione di fondo “ io non sono importante per te!” viene confermata. Non perché effettivamente sia così ma a causa delle modalità disfunzionali impiegate che distruggono ogni forma di relazione.

Conclusione

Disinnescare un litigio è possibile, prendendo consapevolezza del proprio bisogno, della propria storia, delle proprie convinzioni.

Rispetto all’esempio precedente, una possibile via di uscita potrebbe essere questa. Invece di cadere preda del risentimento, il partner adirato avrebbe potuto ascoltare la propria interiorità, il proprio bisogno e dire all’altro “mi vergono un po’ a dirlo ma ho tanta paura che se te lo chiedessi tu non mi prenda sul serio, fregartene. È sempre andata così, mio padre se ne fregava di quello che volevo, arrivava sempre tardi. Avevo solo bisogno che mi accompagnasse e mi stesse vicino! anche ora, ho paura che tu non mi prenda sul serio proprio come faceva lui. Non sai quanto ho paura e al tempo stessi desideri ricevere una tua parola di conforto e conferma”.

La riflessione che segue può essere di aiuto a tutti, anche alle coppie ad alto e medio funzionamento:

  • Porta attenzione ai tuoi comportamenti, agli stati d’animo e alla TUA sofferenza.
  • Porta attenzione alle modalità impiegate, a quelle disfunzionali e controproducenti per comunicare con gli altri, specie con il partner.
  • Poni attenzione alla tua responsabilità, a cosa vuoi davvero comunicare.
  • Sei TU il fautore della tua vita!
  • Ma soprattutto, poni attenzione a ciò che davvero desideri realizzare CON L’altro, SENZA PRETENDERE DALL’ALTRO! 

Invece di giudicare l’altro o di giudicarci, non credi potrebbero aiutarti queste 2 domande?  

Di cosa ho bisogno per stare meglio?” e  “Come posso farmi aiutare da te, amore mio?”

Spesso poniamo talmente tanta attenzione all’altro che ci scordiamo del potere che abbiamo nelle nostre mani.

Iacopo

 

 

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